di Marius Von Mayenburg

regia Carlo Cerciello

con Roberto Azzurro, Paolo Coletta, Monica Nappo, Alfonso Postiglione

scene Roberto Crea

musiche Paolo Coletta

produzione Ente Teatro Cronaca

anno di produzione 2009

L’opera, che potrebbe, a buon diritto, collocarsi nel genere “teatro dell’assurdo”, sotto le apparenze di una divertente satira sociale, rivela una complessa riflessione sull’identità. Viviamo tempi in cui sembra impossibile sottrarsi alla seduzione dell’immagine. L’abito, pare, faccia il monaco, in barba a qualunque proverbio. Siamo ciò che appariamo esteriormente. Non è casuale che il fenomeno mediatico del momento, ivi compresi i pericoli di sottrazione di identità ad esso connessi, abbia un nome composto:  Facebook, dove face sta per volto e book per libro.  “Il tuo volto è come un libro, in cui gli uomini possono leggere strane cose”  dice Lady Macbeth al marito, temendo che, suo malgrado, possa tradire le segrete intenzioni criminose della coppia shakespiriana. Ogni volto, infatti, dichiara la sua storia, il suo vissuto, la sua individualità espressiva, le sue emozioni, pur nelle sue naturali imperfezioni.

Oggi però, l’immagine ne sopravvaluta l’estetica, come segno distintivo della nostra identità, per cui l’essere brutti, che prima poteva non costituire un problema insormontabile, oggi proprio, non piace più a nessuno ed è legittimo che si tenti disperatamente di apparire “belli”, secondo i canoni che l’attuale società delle apparenze stabilisce, quali passepartout per il successo garantito. In tal modo, assistiamo al fenomeno tristissimo dell’omologazione dei volti che ricorrono alla chirurgia estetica. Le donne, che i modelli mediatici di seduzione legano sempre più alla giovinezza, costrette a farvi ricorso, finiscono per rassomigliare sempre più a dei cyborg transessuali, senza età, dei volti senza storia né vissuto, svuotati della capacità di esprimere emozioni e sentimenti.

Ecco, “Brutto” mette in luce tutto questo, sfida attori e pubblico sul piano dell’apparenza. Con un meccanismo volutamente provocatorio, infatti, gli attori mantengono il loro volto nudo, incuranti del cambio di personaggio, indifferenti ai cambiamenti del volto che i personaggi subiscono come conseguenza delle operazioni di chirurgia estetica, cui si sottopongono per cambiare identità. A loro volta, i personaggi, pur diversi tra loro, sono contraddistinti da un unico nome, proprio a sottolineare la confusione e lo smarrimento della vera identità, dietro l’affannosa ricerca di un immagine esteriore universalmente accettabile, seppur omologante.

In “Brutto”, l’incubo diventa realtà, l’apparenza, la vera identità; assistiamo impotenti e complici alla cancellazione delle differenze, alla clonazione delle identità.

La trama
Lette, che lavora per Schleffer, deve presenziare ad una convention con la presentazione della propria invenzione, quando scopre che Karlmann, suo collega, è stato selezionato per farlo al posto suo. Schleffer spiega a Lette che la scelta è data dal fatto che lui è troppo brutto. Lette consulta sull’argomento sua moglie Fanny, che gli conferma la sua assoluta bruttezza fisica. Sembra che Lette fosse all’oscuro della sua mancanza di bellezza. Lette consulta, quindi, il chirurgo estetico Schleffer e si fa fare un’operazione che lo trasforma in un uomo bellissimo. Le cose sembrano cambiare in positivo la vita di Lette, che non solo ora può tenere la sua presentazione e fa letteralmente impazzire di desiderio sua moglie e in genere tutte le donne, ma, alla convention, diventa l’oggetto sessuale delle brame della 73enne Fanny, una veterana della chirurgia estetica e del figlio di lei, Karlmann. I guai per Lette, però non tardano ad arrivare: il chirurgo Schleffer, per soldi e ambizione, decide di clonare la faccia di Lette.

Marius von Mayenburg
Marius von Mayenburg nasce nel 1972 a Monaco di Baviera. Dal 1995 inizia a scrivere testi per il teatro, firmando tra gli altri, i seguenti testi: “Haarmann”, “Messerhelden” “Fraulein danzer” e “Monsterdammerung”. Nel 1997 ottiene il suo primo vero successo con “Feuergesicht”, per il quale riceve il “Kleistforderpreis fur junge Dramatiker” e il “Preis der Frankfurter Autorenstiftung”. Dopo il debutto, accolto con grande successo nell’ottobre del 1998, lo spettacolo ha avuto numerose riprese in tutta la Germania tra cui quelle di Thomas Ostermeier a Berlino e di Dominic Cooke al Royal Court Theatre di Londra. Il suo lavoro, Parassiti, è stato rappresentato per la regia di Thomas Ostermeier al Deutsches Schauspielhaus di Amburgo nel maggio 2000.

Fotografie

Video