scritto e diretto da Eduardo Tartaglia

con Veronica Mazza, Eduardo Tartaglia
con la partecipazione di Giuseppe De Rosa

scene Luigi Ferrigno
costumi Mariarosaria Riccio

produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro

in collaborazione con Festival Benevento Città Spettacolo XXXV edizione

anno di produzione 2014

debutto > 12 settembre 2014 al Festival di Benevento Città Spettacolo

Raffaele e Adelaide, due scapestrati artisti di strada, chiedono l’elemosina a Napoli, nella famosissima via Toledo. Si esibiscono come statue viventi nella speranza di attirare l’attenzione dei passanti di ritorno da teatri, cene e uscite mondane, grazie alla particolare posizione di Adelaide che si trova sospesa nel vuoto, sopra la testa di Raffaele il quale sorregge, in maniera inspiegabile, il corpo della donna attraverso un’asta di legno.
Ma la strada rimane deserta, pervasa da una tristezza disperata, affogata nel buio e nel silenzio rotto solo dalla voce di un brigadiere che tormenta i due artisti minacciandoli sistematicamente di multarli. Una rappresentazione sconsolata e desolante di una Via Toledo che ormai nulla ha a che vedere con la ‘gaia e popolosa’ via decantata da Stendhal, ma che per il pubblico (napoletano e non) è riconoscibilissima.
Il nuovo lavoro di Eduardo Tartaglia – definito da Enrico Fiore “intelligente e godibile, davvero una merce rara con i tempi che corrono” – con ironia e leggerezza, evidenzia le malattie endemiche napoletane: immobilismo, illusione, presunzione.

Raffaele | Eduardo Tartaglia
Adelaide | Veronica Mazza
Brigadiere | Giuseppe De Rosa

 

Note di regia

Parto. Non dimenticherò mai la Via Toledo: la via più popolosa e gaia del mondo.
Stendhal, 1817

Napoli, Via Toledo. Anno 2013.

Quasi duecento anni sono passati, da quando il grande scrittore francese lasciava la nostra città con la morte nel cuore. Chissà, è lecito chiedersi, se oggi ancora Napoli apparirebbe ai suoi occhi e senza paragone alcuno la città più bella dell’universo”.

Qualche dubbio, in verità, lo nutriamo.

Soprattutto, temiamo, stenterebbe a riconoscere proprio la storica centralissima via, da lui così tanto amata.

E non vogliamo qui unirci al fin troppo facile coro di chi si lamenta del degrado, dell’incuria, del disordine da suk mediorientale a cui essa pare irrimediabilmente condannata.

Al contrario, ciò che a nostro avviso maggiormente contrasta con quella definizione del 1817, è proprio quell’aggettivo: “gaia”. Che così difficilmente, adesso, anche l’animo più ben disposto assocerebbe alla strada.

Popolosa ancora, certo; ma priva, ahinoi, di quel sentimento di letizia che pure doveva evidentemente caratterizzare il suo glorioso passato.

Piuttosto spiace, per meglio farci intendere, doverci appropriare di altre parole celebri. Spese, in verità, per descrivere tutt’altro luogo in tutt’altro tempo. Ma che, invece, per curiosa coincidenza, meglio forniscono un ritratto di ciò che a noi, oggi, appare la moderna Via Toledo.

Si può dire decisamente che Essa non rappresenta più per nessuno un fine, ma costituisce solo un mezzo. Piano piano si riempie di persone che hanno le loro occupazioni, le loro cure, i loro grattacapi, ma che a Lei non pensano affatto.

Lo scriveva, nel 1835, Nikolaj V. Gogol, così tratteggiando la famosa Prospettiva Nevskij nei suoi racconti di Pietroburgo.

Ecco: una raffigurazione migliore di quel che a noi sembra nel 2013 la via Toledo a Napoli, non la sappiamo davvero trovare.

Così, tra ambulanti venditori di ogni sorta di mercanzia contraffatta, giocolieri tristi, malinconici suonatori, improvvisati artisti di strada, quasi tutti provenienti da un altrove lontano e tutti vanamente alla ricerca di un’attenzione che stenta ad arrivare da parte di chi è preda solo dei propri affanni, facciamo finalmente il nostro incontro con Raffaele ed Adelaide.

Artisti?… Maghi?… Illusionisti?… Mimi?… Cialtroni?… Chissà …

Interpreti, forse: di un copione antico e modernissimo. Offrire, in assenza di altro, lo spettacolo di sé. Fare del proprio corpo un’esibizione. Dare della propria materialità una sorta di rappresentazione.

Una modalità dignitosa e per certi versi estrema: per tacitare la coscienza di chi non vuole arrendersi alla condizione ultima e definitiva di “mendicante”.

Li troviamo, così, in decoroso silenzio, nella curiosa posizione di statue viventi. “Statue unite”, per la precisione.

Avvolti da ampi camicioni di un vistoso colore arancio; ricoperti da turbanti dal sapore vagamente orientale; con le gambe conserte nella tipica postura siddhàsana; catturano l’attenzione dei passanti (o questo almeno nei loro auspici …) grazie ad un misterioso artificio, una magia, un prodigio nascosto. Che, quasi in spregio ad ogni legge fisica, consente ad Adelaide di galleggiare nel vuoto, proprio sopra la testa di Raffaele. Sorretta, questo è evidente ma, non di meno, ugualmente inspiegabile all’apparenza, dal solo esile bastone che Raffaele mantiene saldo con la destra.

Il trucco c’è, ma non si vede! Ed è questo che conta. Da sempre.

Tutto farebbe pensare ad una coppia di artisti provenienti dall’Est del mondo: il colore alquanto scuro dell’incarnato (in Raffaele piuttosto naturale, in Adelaide frutto di un sapiente maquillage …); la foggia dei costumi; il tappetino arabescato su cui siede Raffaele; il vaso in simil ceramica in cui vengono raccolte le offerte degli avventori; una nenia particolarmente ipnotica che proviene dal piccolo e malandato registratore (sapientemente “vintage”) …

Ed invece, al termine di un prolungatissimo silenzio, sin dalle prime battute scopriamo l’origine inequivocabilmente vesuviana dei due protagonisti.

Che rompono la quiete della notte, di una Via Toledo desolatamente spettrale e deserta.

Eduardo Tartaglia

[Nella prima versione dello spettacolo, che ha debuttato al Festival di Benevento Città Spettacolo, ad affincare Eduardo Tartaglia e Veronica Mazza c’era Peppe Lanzetta]

Fotografie