di Silvio Fiorillo

musiche e regia di Roberto De Simone

con Arrigo Mozzo, Sergio Solli, Patrizia Spinosi, Elena Bonelli, Marcello Bertini, Quinto Parmeggiani, Maria Grazia Grassini, Gino Nardella, Rodolfo Traversa, Rino Marcelli, Claudio Della Seta

cantanti vocalisti Gian Franco Gallo, Anna Spagnuolo, Pasquale Duraccio

musici Nicola Cappabianca, Gaetano Di Pietra, Claudio Mauro, Antonio Marzullo, Guido Salzano, Franco Squitieri

scene Nicola Rubertelli

costumi Mario di Pace

produzione Ente Teatro Cronaca

anno di produzione 1982

Che cos’era esattamente la commedia dell’arte? Devo dire che dai vari studi sull’argomento un’idea chiara non è possibile farsela perché, come sempre, i documenti scritti sui quali ci si basa (canovacci, commedie, scritti, lettere, ecc.) non possono raccontarci se non una piccola parte di quel tipo di teatro, basato sulla trasmissione orale di una serie di lazzi, di tirate, di gesti e di tempo ritmici che è impossibile affidare alla scrittura. Ma, a parte ciò, parecchi equivoci permangono sull’argomento, quando non si suppone che l’attore della “Commedia dell’Arte” avesse una cultura cui fare capo, per elborare temi e scene di largo uso. Insomma non si può fare coincidere il semplice teatrante di piazza con il suddetto attore, anche se egli poteva avere avuto un’origine simile. E lo sta a dimostrare il fatto che diversi comici erano anche autori di commedie, dove emerge un tessuto nel quale confluiscono letterarietà, tematiche del teatro colto ed elementi del teatro popolare.

Forse perciò la Lucilla Costante mi ha sempre tentato ed affascinato, anche se il fascino di questa commedia, per me, presenta diverse motivazioni. Come dicevo, innanzitutto, risulta qui evidentissima la confluenza di diversi elementi (letterali, colti e popolari). Altra cifra considerevole è costituita dal linguaggio: un linguaggio teatrale di primissima qualità, nel quale si riconosce il grande teatrante che fu il suo autore. Intendo dire che il ritmo espresso dalle battute può essere pensato solo da un autore teatrale che sia anche una grande attore e praticissimo delle tecniche rappresentative.

Altro interesse di questa commedia è dato dalla presenza della mascera di Pulcinella, che si presenta con una sua connotazione ben lontana dal Pulcinella che conosciamo dalla codificazione settecentesca o, ancor più lontano, dal patetismo del Pulcinella della commedia napoletana dell’ultimo ‘800.

Mi pare ce ne sia abbastanza per comprendere perché ho colto l’occasione di mettere in scena questa commedia, attratto anche dal fatto (e non mi chiedo il perché) che per più di tre secoli essa non è stata rappresentata.

Mi chiedo chi fosse Silvio Fiorillo, gettando un rapido sguardo sulla Napoli che egli conobbe: la Napoli viceregnale e spagnolesca che più volte mi ha spinto ad indagare, a fantasticare; quella Napoli dove conviveva una corte dei miracoli e lo splendore dei nobili e delle chiese, e l’ipocrisia della legge, e le disumane tassazioni dette “donativi”, dove, oltre alle imposte, venivano esatte le ulteriori tangenti che esigevano gli appaltatori. Ma anche una Napoli ricca di scambi, di stimoli, dove fermentavano nomi quali il Basile, Cortese, Summonte, Capaccio e, lo stesso Fiorillo.

Devo anche dire che certo stile elencatorio in Fiorillo sembra dedotto dal Basile anche se ambedue dovevano far capo a una tradizione ben precisa di ritmi e di espressioni verbali.

A tal punto il progetto di una messa in scena della Lucilla può essere realizzato in primo luogo mediante un’attenta e accurata messa a fuoco del ritmo di recitazione. In secondo luogo, bisogna evitare i pericoli di una generica visione della “Commedia dell’Arte”, che spesso si rappresenta con un manierismo col quale si rappresenta perfino Goldoni. A scongiurare tale facile caduta, l’unica possibilità di scampo viene offerta da un’attenta lettura del “sottotesto”, che può fornire i sentimenti veri e le tensioni che circolavano all’epoca, e che, per molti aspetti, ci offrono una visione critica e moderna di un testo del genere.

La-lucilla-costante