testo, regia, spazio scenico Giovanni Meola

con Luigi Credendino

costumi e scenografia Annalisa Ciaramella

voce registrata fuori campo Luciano Scateni

produzione Ente Teatro Cronaca e Virus Teatrali

anno di produzione 2006

Un pesce piccolo, un camorrista di piccolo calibro, si racconta in un monologo intenso e serrato, ripercorrendo davanti ad un immaginario magistrato le tappe della sua personale discesa negli inferi della malavita.
Mazz’e’scopa è una figura di camorrista ‘minore’, per certi versi anomalo, un criminale di piccolo taglio che parla, parla, parla e tradisce, che svela ad un magistrato anni di trame malavitose (dando vita ad un maxi-processo contro la camorra).
Un pentito ‘sui generis’ che prima tradisce il suo clan originario (quello d’ ‘o Cardillo), poi quello al quale era passato (quello d’ ‘o Portuallo), un pentito al quale hanno ucciso l’intera famiglia, nell’assurda logica della vendetta trasversale , compreso l’unico fratello rimasto in vita, Peppino, il fornaio,”…quello con la manina piccola per via di un fatto di nascita…”.
Mazza ‘e Scopa illumina un mondo fatto di violenza e normalità negata, un mondo nel quale tutti hanno un soprannome, ‘nu contranomme, più o meno eccentrico, più o meno minaccioso, più o meno ridicolo.

“Spesso,nei nostri Tribunali – spiega Raffaello Maggi, giudice a latere del maxi-processo Spartacus contro la camorra – si ricostruiscono storie senza poter guardare negli occhi le persone che le hanno vissute; quelli che chiamiamo ‘dichiaranti’ raccontano i fatti dando le spalle ai loro ascoltatori. I giudici si sono abituati a riconoscerli dal timbro della voce, e anche da quel ‘timbro’ cercano di ricavare un volto, un’espressione, un’idea di ‘sincerità o falsità’ di quanto dichiarato. Il testo di Giovanni Meola restituisce finalmente, con assoluta pienezza, un volto a quelle ombre. La cifra espressiva, unita alla mai banale rappresentazione del ‘percorso emotivo’ della scelta di rottura dell’omertà, ha momenti di rara efficacia e coinvolgimento. L’attenzione alla genesi dei ‘contronomi’, poi, è il canovaccio che consente di dar vita ai profili criminali e umani dei compagni di viaggio dell’infame, al contempo svelando le ricorrenti ‘disattenzioni’ di chi lo interroga. Sullo sfondo, le tragiche dinamiche di guerra di cui continuiamo, da anni, ad occuparci.”

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