uno spettacolo di Pino Carbone e Francesco Di Leva
con Francesco Di Leva
regia Pino Carbone
drammaturgia Linda Dalisi
scene Mimmo Paladino
costumi Ursula Patzak
musiche Marco Messina e Sasha Ricci
luci Cesare Accetta
ricerche e consulenza Anna Maria Di Luca e Fausto Narducci
assistente scenografo Mauro Rea
collaboratori alla scenografia Vincenzo Aquilone, Mariateresa D’Alessio, Michele Lubrano Lavadera
costumista assistente Giovanna Napolitano
aiuto regia Riccardo Pisani
produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro
in collaborazione con SportOpera nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia 2018
L’ispirazione nasce concretamente dal corpo di Muhammad Ali, un corpo allenato, messo in gioco, sfidato, osannato, osservato, acclamato; un corpo astuto che sa come attutire un colpo, un corpo pronto, forte, nero, in ebollizione. Un corpo che fa delle differenze una forza, un vanto, una battaglia.
Un attore e un regista, traendo ispirazione dal corpo dell’indimenticabile pugile, metafora della forza che supera ogni limite, si confrontano, sotto gli occhi del pubblico, con il senso dell’impossibile e della sfida.
Note di regia
“Impossibile è solo una parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, piuttosto che cercare di cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto, è un’opinione. Impossibile non è una regola, è una sfida. Impossibile non è uguale per tutti. Impossibile non è per sempre.”
Incontrare Muhammad Ali, la nostra prima sfida, il nostro primo desiderio. Far avvenire questo incontro in uno spazio, in scena, con il pubblico che ci guarda, con le luci che ci illuminano. Un incontro da costruire, da immaginare come momento meraviglioso, perché impossibile.
“Ho lottato contro un coccodrillo, ho lottato con una balena, ho ammanettato i lampi, sbattuto in galera i tuoni. L’altra settimana ho ammazzato una roccia, ferito una pietra, spedito all’ospedale un mattone. Io mando in tilt la medicina.”
In scena proviamo a rincorrerlo, a rincorrere il suo personaggio, la sua importanza, le sue parole irriverenti, veloci, in rima, pesanti, leggere, fondamentali. Rincorrere la sua vita, il suo carisma, la sua sicurezza. Rincorrere la sua velocità con la nostra velocità, la sua forza con la nostra forza, la sua infantilità con il nostro essere bambini, la sua icona con la nostra volontà. Rincorrerlo per affrontarlo, affrontare ogni suo aspetto: quello sportivo, politico, privato.
“Cassius Clay è un nome da schiavo. Io non l’ho scelto e non lo voglio. Io sono Muhammad Ali, un nome libero. Vuol dire amato da Dio. Voglio che la gente lo usi quando mi parla e parla di me.”
In scena un attore e un regista, che sotto gli occhi del pubblico costruiscono emotivamente, poeticamente e artisticamente lo spettacolo. La nostra ispirazione nasce concretamente dal suo corpo, il corpo di Muhammad Ali, un corpo allenato, un corpo messo in gioco, sfidato, osannato, osservato, un corpo acclamato, un corpo astuto che sa come attutire un colpo,un corpo pronto, forte, nero, un corpo in ebollizione. Un corpo che fa delle differenze una forza, un vanto, una battaglia.
“Se la mia mente può concepirlo e il mio cuore può crederlo, allora io posso compierlo.”
Abbiamo immaginato di scomporlo il suo corpo, pezzo per pezzo, con la stessa attenzione che richiede l’osservazione dell’avversario prima di un incontro. Con lo stesso interesse che merita il vincitore dopo un incontro, accostando ad ogni pezzo del suo corpo un aspetto della sua personalità. Ad ogni pezzo del suo corpo una sfida.
“Sono il re del mondo, sono carino, sono cattivo. Ho scosso il mondo, ho scosso il mondo, ho scosso il mondo!”
Foto di scena
le foto sono di Martin Di Maggio
Rassegna Stampa
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Videointervista a Francesco Di Leva e Pino Carbone, Mattina 9, 23 ottobre 2018 > leggi
Intervista a Francesco Di Leva di Antonio Tricomi, Repubblica Napoli, 24 ottobre 2018 > leggi